“Il giovane senza nome”. Cap. 35
In esclusiva per GayRoma.it il romanzo di Lavinia Capogna ©
A mia madre
Capitolo 35

Agnolo era assai meravigliato che la bella dimora in cui lo aveva condotto Gualtiero da Vitale fosse un luogo da lui ben conosciuto e dove non avrebbe mai creduto di ritornare. Nell’impeto della fuga Agnolo, Gualtiero e Gabriel avevano cavalcato con furia tra i campi temendo che L’Ottuso avesse messo loro alle costole i suoi soldatacci invece nessuno li aveva seguiti.
Gabriel era felice e quasi incredulo dell’impresa che aveva tentato salvando Agnolo. Provava un’intima soddisfazione che non era né vanto, né orgoglio ma la quieta serenità di chi ha fatto qualcosa di bello.
Gualtiero era raggiante per il coraggio dimostrato dal suo nuovo amico.
Solo durante la fuga Gabriel aveva riconosciuto nel condannato a morte dall’Ottuso l’arrogante e violento fedelissimo soldataccio di Antoniazzo ma aveva notato che vi era qualcosa di nuovo nel suo sguardo, non vi era più nulla di sfrontato ma anzi vi era qualcosa di spirituale che prima non c’era, i lineamenti avevano perduto quei tratti grossolani, si erano distesi, Agnolo sembrava più giovane di quel che era.
Gabriel aveva compreso che qualcosa di assai grande doveva essere accaduto nella vita del soldataccio, tanto grande da giungere alla sua anima – o dalla sua anima? Siccome il medico era di natura riservata non aveva voluto far domande al giovane ma si era rallegrato dei prodigi della vita.
Agnolo aveva riconosciuto nell’uomo con l’abito grigio e i capelli a riccioli il vecchio prigioniero di Antoniazzo, il medico che aveva salvato la vita al feudatario e aveva provato una profonda vergogna ricordandosi di come lo avesse deriso e vessato. Per pudore aveva taciuto. La sua vita precedente era davvero un’altra vita, di cui rammentava tutto o quasi ma da cui si era distaccato.
Tuttavia si riprometteva di domandare perdono al medico in un momento di calma.
Era stato Gualtiero ad aver avuto l’idea di condurli in quel luogo: la casa di Violante. Si era ricordato, infatti, che il suo amico Miguel lo aveva invitato al suo fidanzamento con una fanciulla di nome Violante che abitava in una casa gialla, in campagna. Era stato facile trovare la casa di Violante che non era una casa ma una dimora di rara bellezza, vi era un grandissimo giardino in fiore, in cui vi era un lago, alberi di ogni tipo, scoiattoli, uccelli e cani e gatti liberi. La casa era una vasta dimora, di colore giallo, con molte finestre.
Da quando un servitore era andato ad accoglierli al cancello Agnolo era stato colto da un forte turbamento, come in una visione rivedeva il giardino e la casa. Tutto era armonioso, curato, fatto per il bene e il piacere degli abitanti. Il servitore era simpatico e si chiamava Clareno. Disse a Gualtiero che il dilettissimo spagnolo non era ancora giunto ma che, essendo i tre amici di Miguel, Violante aveva ordinato di farli entrare e di dar loro ospitalità.
Un giardiniere con gli strumenti del suo lavoro li salutò. Gualtiero rispose con ilarità al saluto, Gabriel con compitezza e Agnolo tacque e abbassò il volto.
Clareno li fece entrare in casa. Com’era gradevole quell’ambiente luminoso, arredato con cassapanche decorate, comode seggiole! Una cameriera portò ai tre del cibo per ristorarsi.
Poi Clareno li condusse nelle loro stanze. Vi erano molte porte nel vasto corridoio e a Gualtiero fu assegnata una camera le cui mura erano dipinte di un azzurro, Gabriel ne ebbe una verde e Agnolo una rossa. I soffitti di tutte e tre erano finemente decorate. Le ampie finestre si affacciavano sul giardino e l’aria limpidissima invitava all’ozio. Alcuni servitori stavano facendo il bagno nel lago.
Gabriel si addormentò.
Gualtiero era così felice che fece mille domande a Clareno sulla Signora della casa, gli raccontò del suo viaggio in Spagna, dell’affresco e delle molte richieste che da ogni regno gli giungevano. Tutti volevano opere affrescate di Gualtiero. Il pittore tacque che aveva incominciato la sua Arte dipingendo libri sacri. . . Uno di questi era stato donato dal tiranno che vi era a Santa Maria prima di Fino del Malpasso a Valente e per ciò era nell’umile abitazione di Alidora. Era quella Bibbia che con imbarazzo Judith aveva sfogliato riconoscendo il tratto di Gualtiero.
A Bologna vi erano ben due affreschi del pittore e Judith li aveva visti, emozionata.
Era invaghita allora di Gualtiero, della sua allegria, del suo agile passo, del suo viso.
Violante aveva saputo da Caterina che i tre erano messeri gentili e che uno era molto bello.
La sera i tre furono chiamati per un lauto pasto. Vennero serviti come signori nobilissimi da Clareno e da un altro servitore di nome Bruno. Gualtiero rideva e raccontava storie, Gabriel, riposato dal sonno, era di buon umore, Agnolo taceva, imbronciato.
Alla fine del pasto apparve Violante, accompagnata da Caterina. Aveva i capelli neri e gli occhi azzurri, qualcosa di nobile nel modo di fare e con grazia sorrise agli ospiti ma quando si credeva non osservata qualcosa di velato ed indecifrabile scorreva nel suo sguardo.
Gualtiero si inchinò.
“Vi riverisco, Madonna Violante, la vostra bellezza eguaglia quasi la vostra gentilezza. Perdonate se sono in anticipo ma era impaziente di giungere all’evento più benigno dell’anno, al fidanzamento del mio diletto amico Miguel, la cui Arte musicale è ammirata in tutta l’Europa”
Violante sorrise.
“Ho portato con me due amici cari” continuò Gualtiero ” Il famoso medico Gabriel L’Alemanno che ha guarito re e nobili da malattie perniciose”
Gabriel si inchinò, molto a disagio per quel ‘famoso’ con cui lo aveva presentato Gualtiero.
Violante sorrise a Gabriel.
“L’altro ospite è il mio caro amico Agnolo, valoroso e ardito soldato che in molte guerre combatté con lealtà e coraggio” inventò Gualtiero.
Violante guardò Agnolo. Il giovane sollevò appena lo sguardo e incrociò gli occhi azzurri di Violante
“È un onore per me ospitarvi e i miei servitori saranno i vostri servitori” disse la fanciulla e si ritirò.
“Come mi piacerebbe ritrarre Madonna Violante !” esclamò Gualtiero.
Miguel si trovava a Bologna. Da Firenze aveva sostato nella città turrita e dopo aver ammirato i palazzi in mattoni, le vie affollate, la vita indaffarata della città universitaria aveva intenzione di farsi fare un abito degno di Violante. Non che non avesse abiti ma ebbro di amore voleva avere l’abito più bello che si fosse mai visto. Chiese informazioni e l’ostessa della locanda in cui alloggiava gli indicò Enea.
“La sua bottega è piccola ma le sue mani sanno cucire come nessun altro in città”
Così Miguel si recò dal sarto. Enea fu ben lieto di vedere entrare un giovane come Miguel. La felicità era dipinta sulla sua faccia. Aveva un piacevole accento straniero. Enea credette che fosse un nobile e si inchinò.
“Messere, vorrei l’abito più bello che mai si vide in Italia”
“Sono qui per accontentare il desiderio del Signore” rispose modestamente Enea che già si chiedeva se sarebbe stato capace di soddisfare una simile richiesta.
“Voglio un abito per presentarmi bello alla mia amatissima fidanzata”
“Signore, farò meglio che posso, lavorerò anche la notte per far ciò che voi desiderate”
Enea mostrò tutte le stoffe che possedeva e Miguel restò affascinato da quei colori. Scelse un tessuto blu e trasse da una bisaccia una matassa di fili d’argento. Enea e la moglie restarono senza parole.
“Intrecciate, vi prego, la stoffa e l’argento”
“Signore, non so se sono degno di…” mormorò Enea.
“Avete la mia fiducia”
La felicità di Miguel contagiò i due coniugi e la moglie di Enea raccontò come tempo addietro la loro unica figlia avesse sposato un giovane di gran valore, uno studente con i modi di un principe.
Miguel si rallegrò per la fanciulla e il giovane che non conosceva.
“Il male non ha il dominio di questo mondo !” esclamò Miguel “Anni fa io ero malatissimo in uno spedale di Firenze, credevo che la mia dilettissima sorella fosse morta in un periglioso viaggio e invece vive lieta con il suo sposo, un grandissimo poeta, e ha da poco avuto una bella bambina a cui ha voluto donare il nome di Francesca”
“Grandi opere compie il Creatore !” esclamò Enea.
Mentre Miguel diventava caro ai cuori dei genitori di Judith i tre ospiti di Violante si dilettavano nel riposo. Cioè due si dilettavano in passeggiate, bagni al lago, amene conversazioni, pasti squisiti e uno invece era sempre più cupo e schivo. Gabriel reputava bizzarro lo stato d’animo di Agnolo che infondo si era salvato dall’impiccagione e che avrebbe dovuto godere di tutti quei piaceri ma non conoscendolo di più smise di ragionare sui perché. Gualtiero non si occupava di Agnolo. Lo trovava un noioso pieno di umor nero, comunque di rado Gualtiero pensava agli altri. Per divertimento si era messo in testa di far la corte a Violante e le diceva il suo repertorio di frasi galanti.
Caterina, invece, si era invaghita di Agnolo e faceva di tutto per incontrarlo nel giardino. Agnolo la salutava fuggevolmente, era sempre immerso in remoti pensieri. Clareno e Bruno giudicavano un borioso il soldato e ben presto lo disprezzarono perché ignorava Caterina.
Gualtiero ebbe l’ardire di chiedere a Viplante di posare per un ritratto e lei accettò. L’idea di essere ritratta le piaceva. Tanto chiacchierone nella vita Gualtiero diventava silenzioso nel lavoro. Serio, attento incominciava ogni mattina a disegnare gli abbozzi per il ritratto, Violante che posava in compagnia di Caterina si stancò presto di quelle sedute. Caterina era annoiata da quel ritratto e desiderava correre in giardino o passare per il corridoio o origliare alla porta della stanza rossa per capire dove fosse Agnolo.
Una mattina Violante fece dire al pittore che non si sentiva bene e che non avrebbe posato. Gualtiero si offese e la credette una scusa. Caterina ebbe la libertà a cui ambiva e verso il lago incontrò Agnolo.
“Qui fioriscono tutti i fiori del creato ” disse la fanciulla.
“Non tutti” rispose corrugando la fronte Agnolo.
“Come potete saperlo ?’
“Conosco questo giardino”
“Come fate a conoscerlo se è poco che lo visitate ?”
“Lo conosco da molto” rispose sbadatamente Agnolo.
“Davvero ? Raccontatemi” disse Caterina.
“Non posso”
“Ditemelo !”
Caterina diede uno schiaffo ad Agnolo e corse via. Agnolo restò di sale. Mai una fanciulla lo aveva schiaffeggiato. Di gran corsa inseguì Caterina e preso il suo braccio urlò:
“Mio padre era il giardiniere di questa dimora, fu accusato di furto, finì in carcere ma era tutto falso ! Fu la rovina…siete felice adesso, impertinente fanciulla ?”
Caterina era in lacrime. Agnolo le lasciò il braccio e si scusò confuso. Caterina fuggì. Agnolo pentito dall’aver detto la verità e dall’aver afferrato con malagrazia il braccio della fanciulla si ritrovò in lacrime . Aveva previsto che Caterina avrebbe raccontato ciò che aveva saputo a Violante e infatti lo seppe Violante, lo seppero Bruno e Clareno in cui si accrebbe l’antipatia per Agnolo e anche Cecilia, la cuoca, e Valdo, il giardiniere. Violante, furiosa, volle scendere da sola in giardino a cercare Agnolo. Incontrò Gabriel che tornava da una passeggiata di ricerca di erbe mediche e non rispose al suo saluto talmente era arrabbiata. Gabriel si rattristò: la quiete era finita nella dimora.
Violante rintracciò Agnolo sotto una quercia.
“Come avete osato aggredire la mia Caterina ? Come avete osato raccontarle quella vecchia storia ?” “Caterina la volle sapere, mi ha schiaffeggiato !’
“Non dite cose vane, Caterina non vi ha schiaffeggiato, voi siete sempre stato un vile, un mendace”
“Violante, non ricordate più il tempo in cui mi parlavate con amicizia ?” mormorò Agnolo.
Violante tacque.
Agnolo la baciò.
Quando Violante aveva circa tredici anni era stato assunto un nuovo giardiniere, un certo Gerardo. Era piuttosto taciturno e bravo nel lavoro. Il giardino di Violante divenne il vanto dei dintorni. Spesso Gerardo portava come aiuto suo figlio, l’adolescente Agnolo, un fanciullo di poche parole, bruno. Aveva lavorato a lungo dai bambini tessitori e ora poter accudire i fiori gli pareva un miracolo. Tuttavia il lavoro nella famigerata capanna di Fino del Malpasso lo aveva rabbuiato dentro e aveva ferito qualcosa di innocente che vi era in lui. Ne aveva fatto un diffidente verso tutti, persino verso quella fanciulla che lo osservava. Non fu Agnolo ad innamorarsi di Violante ma Violante di Agnolo. Il giovinetto divenne un eroe per lei come quelli dei poemi che la nutrice le leggeva.
Agnolo, per quanto distratto, si accorse del cambiamento di Violante e per la prima volta si interessò ad una fanciulla
Sapeva che era impossibile un matrimonio tra lui e Violante. Violante era la figlia ricca e curata di un nobile che era obbligato a viaggiare all’estero e che nessuno conosceva. Un astronomo bolognese faceva le sue veci. Veniva sovente alla dimora, parlava con la nutrice, lasciava molti soldi, interrogava Clareno e Bruno, raccomandava ogni attenzione verso Violante.
Qualcuno aveva in odio Gerardo e lo accusò di furto. L’astronomo lo cacciò dalla dimora e finì in galera. Agnolo fuggì e la sventura volle che incontrasse un feudatario di bassa statura, con occhi da serpente, che subito riconobbe in lui qualità da soldato.
Durante gli anni da Antoniazzo Agnolo aveva tentato di dimenticare Violante che era solo una bambina influenzata dai poemi cavallereschi e dalle gesta degli eroi.
Amore non lo aveva più abitato fino a quando non aveva intravisto Judith che tanta parte aveva avuto nella sua rinascita.
Ma dopo quel bacio e la fuga di Violante che ne era seguita si accorse che Judith era svanita e che amava solo Violante.
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